lunedì 2 ottobre 2017

Le otto montagne, lettura condivisa – prime impressioni


In questo periodo ho bisogno di essere spronata alla lettura. Perché non è esatto dire che non ho tempo. La pupattola si addormenta presto (poi magari si sveglia, ma questo è un altro discorso), solo che alla sera è più facile vegetare davanti alla tv o a fb. Quindi santo subito il gruppo di lettura, che impone delle scadenze e mi sprona a prendere un libro in mano e a tenere desti i miei recalcitranti neuroni. 
Per questo ho aderito volentieri alla proposta di Sandra e Marina per una lettura condivisa.

I gruppi di lettura, veri o virtuali che siano, poi, hanno anche il pregio di portarmi a leggere cose che in autonomia non prenderei in mano. La parte più spocchiosa di me rifugge dal "libro del momento". Non credo di aver mai letto un romanzo appena incoronato allo Strega, al Campiello o ad altro, per una sorta di ottuso snobbismo del tipo "vediamo se tra dieci anni mi ricordo ancora di lui".

Eccomi quindi alle prese con Le otto montagne. È davvero ancora troppo presto per dire se il libro mi piaccia. Per ora mi ha colpito con un diretto allo stomaco una questione personale.
Il padre del protagonista è mio padre.
È lui.
Veneto, alpinista, innamorato delle dolomiti, prigioniero in città, che poi scopre le montagne piemontesi e favoleggia di comprarsi una baita (cosa che poi mio padre non ha mai fatto).
Ad ogni riga mi venivano in mente ricordi e racconti a cui non pensavo da anni.
Mio padre è stato un alpinista semi professionista. In città si esercitava ai pernottamenti in parete dormendo appeso fuori dal balcone. Poi, mentre si preparava per aprire una nuova via, impresa che gli sarebbe probabilmente valsa la partecipazione a una spedizione sulle Ande, lo zaino gli si è rotto, sbilanciandolo e facendolo cadere. Tre vertebre lesionate, fine della carriera.
Tutto questo accadeva prima della mia nascita. 
Solo qualche anno dopo ha iniziato ad apprezzare davvero le montagne piemontesi, accontentandosi di escursioni meno estreme.

A differenza del padre del protagonista de Le otto montagne mio padre, per fortuna, non è mai stato carico di rabbia. Amava il suo lavoro, ma ho riconosciuto molto di lui. Pur senza quella rabbia, il sentirsi in gabbia in città c'era eccome. Come per il padre del protagonista, per il mio le Dolomiti sono un capitolo che sarebbe troppo doloroso riaprire. Quest'estate quando ero là mio padre continuava a consigliare questa o quell'escursione e a fatica gli spiegavo che anche il mitico rifugio Auronzo (quello in cui si sono sposati i genitori del protagonista) è troppo alto per una pupa di neppure un anno. Allora gli ho chiesto come mai non ci torna e lui mi ha risposto che sarebbe troppo doloroso guardarle dal basso. Preferisce il ricordo di tempi eroici e trascorsi.
Credo che come per il padre del protagonista le montagne piemontesi fossero una pagina bianca, slegate dagli antichi dolori e quindi un nuovo innamoramento era possibile.
I commenti sulla roccia, sull'altezza da raggiungere per non sentirsi soffocare li ho sentiti pari pari. Così come ho visto la trasformazione che avviene tutt'ora quando mio padre sale di quota e diventa ciarliero e sorridente. Sento la stessa passione nel condividere con me il suo amore per la montagna.

La baita, come dicevo, alla fine non l'abbiamo presa. Mio padre l'aveva già scelta, in un'alpe magnifica che oggi è parco (ora quella baita vale una fortuna, credo), il Devero. Però ci siamo trasferiti in collina, mio padre ha scoperto di amare anche i boschi ed è diventato un appassionato cercatore di funghi.

Ecco, leggendo ho pensato che sono più fortunata del protagonista, perché mio padre è fatto della stessa pasta del suo, ma con una vena di dolcezza che nel personaggio del libro non ho trovato. Una maggiore capacità di adattarsi e di godere del momento che ne hanno fatto senza dubbio un padre migliore.
Quando avrò finito il libro glielo presterò e sarà curioso sapere da lui quanto si sente simile a questo padre letterario.
Di certo mi dirà che sarebbe piaciuto anche a lui sposarsi in un rifugio. 

3 commenti:

  1. Belle le impressioni di chi ha vissuto la montagna con lo stesso trasporto, bello anche l'accostamento fra i due padri, il tuo e quello del protagonista del libro.
    Sono contenta che ti sia aggregata: sono certa che la storia abbia mille ragioni per piacere e se ha colpito me che non conosco la montagna, riesco pienamente a capire il trasporto di chi invece è capace di immedesimarsi perché sente sue certe esperienze e certe emozioni.
    Buona lettura.

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    1. Sto procedendo lentissima perché alla sera ho la capacità attentiva del pesce Dory, ma per ora mi sta piacendo

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  2. Lo sapevo che dovevi essere dei nostri dai cenni che avevi fatto qua e là circa tuo padre e l'alpinismo, poi le similitudini invece sono molte di più e quindi capisco che per te la lettura sia particolarmente significativa. All'Alpe Devero vanno spesso i nipoti! La figura del padre comunque è magistrale, mi ha davvero spezzata. Buon proseguimento, davvero felice che tu sia con noi.

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