venerdì 18 dicembre 2015

Ragionando su On Writing di Stephen King


On Writing del buon vecchio King è il libro che ogni autore o aspirante tale dovrebbe aver letto e aver sotto mano.
Ne ero convinta assai prima di mettere le mani su questa sciccosa nuova edizione. Ne avevo letto abbastanza estratti e citazioni per esserne già certa.
Adesso, capita più che mai a fagiolo. Devo rimettere le mani sul romanzo scritto quest'estate. Mi sono arrivati i commenti dei lettori e anche quello dell'editor preposta. Considerata la regola "se tre persone segnalano un problema, il problema c'è" devo quanto meno: riscrivere il primo capitolo in toto, snellire e velocizzare il tutto e sopratutto la prima parte, rendere più incisivo il protagonista maschile. Che è molto più facile a dirsi che a farsi. Quindi leggere il libro sulla scrittura del Re prima di lanciarmi nella seconda stesura del mio romanzo è stato un privilegio. È stato come se il Re il persona avesse abbandonato la sua dimora americana per venire da me a darmi lezioni private.

Quindi con il libro di King io ci ho parlato. Ci ho discusso. Proprio come se fossi a lezione. Io, del resto sono di quegli studenti non proprio accomodanti che non ci pensano troppo ad alzare la mano per dire "io non sono d'accordo" oppure "sì, ma io farei invece..."

Iniziamo dai sì, ma...
King può piacere di più o di meno. Personalmente non ho letto tantissimo di lui, ho adorato It, ho molto apprezzato Stagioni diverse, ma sono rimasta indifferente a Salem. Però è indiscutibile che scriva da dio. Lo stile è molto americano, può non piacere, ma intrecci, situazioni, atmosfere e personaggi è innegabile che funzionino. Quindi il rischio è prendere tutto il libro come una bibbia da seguire alla lettera. Io farei, però, almeno due distinguo.

King non è uno "scrittore medio"
Ha quanto meno un'inventiva, una rapidità di scrittura e una facilità nel comporre trame che tende a dare per scontate, ma che non lo sono.
È inoltre un compulsivo con problemi di dipendenza. È dipendente dalla scrittura. È evidente dalle sue pagine che si sfiora il limite della compulsione e spesso lo supera anche. King scrive tantissimo, ha sempre scritto tantissimo e quindi consiglia di scrivere tantissimo. Non tanto (sono d'accordo). Tantissimissimo. Ammette che ci si possa concedere una pausa a stesura terminata. Tipo due giorni. Fa fatica a concedere due giorni, è, evidentemente, un tempo per lui geologico di non scrittura. È evidente che nella sua testa bastino due ore, giusto una passeggiata, per poi rimettersi al lavoro. Ma ha paura di spaventare il neofita e gli concede due giorni. Non c'è Natale, Compleanno o Festa Comandata.  Bisogna scrivere! Si stupisce di autori indubbiamente bravi che producano così poco, che scrivano con dei ritmi meno forsennati. Due o tre anni per un romanzo, che scansafatiche! Ecco ho trovato un'analogia inquietante con i suoi ricordi di alcolista, quando si stupiva di qualcuno che potesse rimanere con davanti un bicchiere mezzo pieno di vino senza finirlo all'istante.
Chiariamoci, io sono una sgobbona. Le mie due/tre ore di scrittura giornaliere le ritaglio. Ma non credo che i ritmi di King siano indispensabili per scrivere qualcosa di decente. E ringrazio Dio di non aver letto questo libro quando ero più influenzabile. Mi mancava solo di sentirmi in colpa per non aver scritto il giorno di Natale!
Quindi no, non tengo e non credo terrò mai i ritmi di King. Ho scritto in due settimane un racconto che lui avrebbe scritto in tre giorni, ma in queste due settimane ho insegnato, ho frequentato amici, fatto spesa, cucinato, badato alla casa, corso. Insomma, ho vissuto. Non credo che potrei davvero farne a meno. 
Mi sono chiesta più volte come abbia fatto King a far durare il suo matrimonio. Poi, mi perdonino i coniugi King, ho pensato che forse alla moglie non spiaceva avere un sacco di tempo libero e tutti i soldi che il marito guadagna (e che evidentemente non si gode).

Discorso analogo per le trame. King è fuori scala. Io ci credo che per la maggior parte delle volte non ha sentito il bisogno di pianificare. Stiamo parlando di un tizio che ha scritto opere coerenti anche completamente fatto. Stiamo anche parlando di un tizio che non ha problemi, con i suoi ritmi di lavoro, a buttare nel cestino (oddio, riemergeranno tutte postume?) anche 200 o 300 pagine di manoscritto se le cose non quagliano.
Ecco, io concordo al 100% col discorso che una storia è un fossile da dissotterrare. Esiste già, da qualche parte, e basta solo scavarla fuori. Ma da brava archeologa so che anche per scavare bene un fossile serve pianificazione. Sopratutto se non si è un talento puro.

Il mercato americano non è quello italiano e l'inglese non è l'italiano
King scrive basandosi sulla sua esperienza personale, sopratutto per quello che riguarda gli esordi. Quindi americana e di qualche decennio fa.
L'Italia non è l'America, anche per un semplice fatto di utenza e ampiezza di mercato. Quindi non so quanti studenti squattrinati, provenienti da famiglie disastrate, potrebbero, anche a parità di talento, diventare dei miliardari nell'Europa di oggi. Non parliamo dell'Italia. Persino King, persino dalla sua ottica americana, ammette che molti bravi scrittori non vivono di scrittura. Figuriamoci da noi oggi.
La differenza è culturale, però, non solo commerciale. Dall'alto dei suoi due corsi di scrittura universitari frequentati, King può dubitare di ulteriori scuole di scrittura, ad esempio. In un paese in cui le basi della narrativa si possono apprendere in una qualsiasi università sono d'accordo anch'io che poi basti tanta lettura e tanta applicazione.
Poi ci sono le differenze linguistiche e stilistiche. La narrativa americana non è quella europea e l'inglese non è l'italiano. La corsa all'asciuttezza è una caratteristica intrinseca della narrativa americana. Ma noi siamo europei. La nostra tradizione va nella direzione di una narrativa meno scheletrica, di uno stile non così spolpato, a mio avviso non possiamo non tenerne conto.
Così come bisogna tener presente che i consigli prettamente linguistici sono fatti per l'inglese. Il cadavere era stato spostato in italiano è dignitosissimo e mette enfasi su "cadavere", che sarà anche soggetto passivo, ma è comunque il focus di ciò di cui stiamo parlando.
King è il re, ma è comunque un re straniero. Cerchiamo di rendere onore anche ai nostri.

Tutto il resto che rimane è da scolpire sulle pareti delle nostre case
Ecco, fatti i due distinguo, tutto il resto mi è piaciuto un sacco.
E sono d'accordo con la parola d'ordine di base
ONESTÀ
Fa quasi impressione che tutto un manuale di scrittura, che insegna a raccontare storie di finzione, sia basato sul termine "onestà".
Eppure penso che King abbia ragione. Essere onesti con se stessi, onesti con il lettore, con i personaggi, che devono essere coerenti con se stessi, con l'ambientazione. Uno sforzo costante di onestà che nulla ha a che vedere con la presenza o meno di demoni ragni, alieni, poteri telecinetici o torri nere. Tutto quello che scriviamo ha a che fare con noi stessi e con il nostro modo di vedere gli altri. In questo dobbiamo essere onesti. Anche se magari si discute di alieni gelatinosi che vogliono conquistare il mondo con il potere delle caramelle alla fragola.
Tutto il resto ne è diretta conseguenza. Se si scrive narrativa, si deve al lettore una storia. Non le nostre pippe mentali, lo splendido e tragico passato del personaggio o tutto ciò che abbiamo diligentemente studiato (io colpevole, qui), ma una storia. È il "cosa succede dopo?" che fa andare avanti il lettore e tutto il resto (almeno nella narrativa popolare) è fuffa. Certo, non c'è una ricetta precisa che faccia scattare nel lettore questa impellente domanda. Neppure il ritmo è la soluzione, poiché ci sono bei libri di successo indiscutibilmente lenti (carino che, qui, in un contesto in cui si parla comunque di "narrativa popolare" ci abbia schiaffato dentro il caro vecchio Il nome della rosa). Tutto sta a capire "cosa sia importante per la storia". Ciò che non lo è fuori. E non importa quanto riuscito sia da un punto di vista letterario o quanto sia importante per noi. La storia è, in fin dei conti, nostra creatura e nostra dittatrice.

Credo che questo libro me lo terrò di fianco, a portata di mano, durante tutta la seconda stesura del romanzo. So di non essere King, ma come lui penso che sia possibile passare da "scrittore passabile" a "buono scrittore" con dedizione, impegno e costanza. E qualche buona dritta. Tipo: seconda stesura = prima stesura -10% (che non sempre è vero, ma che nello specifico credo applicherò a breve).

Voi lo avete letto? Cosa ne pensate?

22 commenti:

  1. Avevo letto On writing nel secolo scorso, quando ancora non pensavo di scrivere. L'avevo letto con la curiosità di chi ama i romanzi di King (anche se non tutti...), e voleva scoprire qualcosa in più sul suo modo di affrontare le storie e la scrittura non certo con l'idea di imparare a scrivere. Eppure certe cose, certi suggerimenti mi rendo conto di usarli adesso quando scrivo.
    Poi è vero, non riuscirei ad avere la sua costanza in termini di tempo di scrittura, Ho molta più insicurezza e paura di non essere credibile (onesto?) con i personaggi e con i lettori, ma ci sta.
    Sono sempre convinto che per essere un discreto scrittore si debba leggere, leggere e leggere. Anche On writing va benissimo!

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  2. Per la cronaca... Non so se mi confondo, ma l'edizione di On writing uscita anni fa, King la scrisse dopo il famoso incidente, quando un tizio ubriaco lo tirò sotto con il suo pick up rompendogli gran parte delle ossa...

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    1. È sempre lei, solo ritradotta. Io non l'avevo ancora letto. Alcuni passaggi sono davvero illuminanti. Mi sa che dopo l'incidente non stacca più nemmeno per la passeggiata. Del tipo "vedete che andare in giro e non scrivere fa male!".

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  3. Io ho la prima edizione (e non sono affatto contento di questa nuova, che di fatto abbassa il valore del mio libro), mi chiedo se in quella nuova siano state aggiunte delle cose o se è semplicemente una ristampa… C’è scritto qualcosa in proposito?

    Condivido la tua analisi su tutto tranne che su un punto: anche da noi si sta andando verso uno stile molto asciutto. Naturalmente dipende dal narratore, dalla storia, da un sacco di cose.

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    1. C'è scritto solo "nuova traduzione". In che senso abbassa il valore del tuo libro? Lo vuoi rivendere?
      Io ne sono contenta: la prima edizione è ormai introvabile.

      Sullo stile asciutto ci sarebbe da fare un lungo discorso e magari ci farò un post. Posto che l'inutile è inutile, asciugare all'eccesso lo stile per mera imitazione degli americani quando questo non ha anche una valenza contenutistica personalmente non mi esalta. La nostra tradizione letteraria è altra. Da un punto di vista stilistico la mia dea è la Yourcenaur, che non è proprio il massimo della secchezza. Trovo la ricchezza della sua prosa affasciante ai limiti dell'ipnotismo. Insomma a me (è personale) piace anche quella scuola lì e non penso che quella americana sia sempre migliore. A volte, spesso, ma non sempre.

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  4. Non ho mai letto On Writing, ma mi piacerebbe. E anche le opere di King con cui ho avuto a che fare sono state lette molti anni fa ormai: essendo cresciuta molto da quando ho ripreso a scriverle, dovrei riprenderle in mano.

    Penso che con uno stile di vita diverso potrei riuscire a scrivere non quanto King, ma in modo più costante di quanto non stia facendo. Se ho la possibilità di stare a casa, anche io procedo in modo piuttosto compulsivo, riesco a stare al computer 6 o 7 ore. Del resto, lo faccio già in ufficio... ma dedicarsi a qualcosa che PIACE davvero è tutta un'altra storia! :)

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    1. Non sono le 6 o 7 ore di scrittura che mi preoccupano (quelle le terrei anch'io, avendone la possibilità), ma l'incapacità a staccare, ai limite del patologico (forse dal mio post non sembrava, ma leggendo mi ha fatto una tenerezza ai limite della preoccupazione). Quando leggerai il libro vedremo se anche a te farà la stessa impressione.

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  5. Di King ho letto, oltre a questo libro, anche Shining, Misery, It, Dolores Claiborne, La zona morta, Cose preziose. Credo che sia uno dei pochi testi sulla scrittura da leggere. Non colpisce solo la sua ossessione per l'onestà, ma che lui stesso sia onesto. E pure umile; spesso chi scrive si crede chissà chi, mentre King (che potrebbe vantarsi tranquillamente), resta sempre un uomo che mostra un profondo rispetto per il lettore.

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    1. Sì, mi ha dato l'impressione di una persona dal talento immenso e, per il resto, di una grande umiltà.
      Non credo sia una persona facile, non penso abbia avuto una vita semplice, neppure dopo il successo e la disintossicazione, ma di certo ha il mio rispetto.

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  6. Letto anni fa in inglese. Per me uno dei migliori libri sulla scrittura. Ma concordo sul distinguo fra la cultura americana e la nostra. Non possiamo fare paragoni, perché quello che ha funzionato per lui, non avrebbe mai funzionato se King fosse stato italiano.

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    1. Concordo sul fatto che sia un testo da avere. E King mi sembra "fuori scala" anche per il panorama americano. Con tutti i dovuti distinguo, sarebbe come se Mozart spiegasse cosa ha funzionato per lui. Molte cose sarebbero applicabili a tutti, ma altre darebbero inevitabilmente per scontato il suo talento fuori dal comune che gli altri, ahimè, non hanno.

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  7. L'ho letto, l'ho recensito e l'ho osannato. Lo rileggerei volentieri.

    La parte autobiografica è la mia preferita, ovviamente, vista la mia curiosità patologica.

    Sua moglie è sul podio delle mie eroine, insieme alla prima moglie di Eddie Vedder e alla prima moglie di Johnny Depp. Per fortuna, questa coppia ha resistito alla fama e al poco tempo che lui può dedicarle. Non deve essere facile stare con uno che ha sempre la testa tra le nuvole, se poi pensi alla fantasia malata di Stephen King, chissà a che passioni malsane vuole dedicarsi durante le pause! :D

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    1. Invece secondo me durante le pausa è di una banalità sconcertante: pizza, bistecche e musica rock. Il problema è che le pause sono proprio poche. E sì, è bello pensare che il matrimonio ha resistito (anche se mi immagino la moglie che fa shopping felice, mentre lui è chiuso nel suo antro a scrivere con sempre gli stessi vestiti addosso...)

      In ogni caso, un libro da leggere.

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  8. Non ho letto nulla di Stephen King ma ho letto di recente un articolo che parlava proprio di On writing e mi è venuta voglia di leggere qualche suo libro. Magari parto proprio da questo chissà. Credo che King abbia ragione quando dice che ogni giorno dobbiamo scrivere, io ovviamente non ci riesco, ma quando mi sono imposta di mettermi davanti al pc quasi ogni giorno per andare avanti con il mio romanzo sono riuscita a finirlo come mi ero imposta. A volte avevo la mente vuota e scrivevo poco, però quel momento di scrittura forzata davanti al pc spesso mi faceva venire l'ispirazione per la mia storia e per andare avanti.

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    1. On writing è assolutamente da leggere! E scrivere ogni giorno è senza dubbio una buona idea, anche senza farsi prendere dalla compulsione.

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  9. Libro che posseggo in prima edizione, anche se in quest'ultima mi pare vi siano delle aggiunte nella lista finale dei consigli di lettura.
    Sono felice sia uscito dal limbo dei fuori catalogo e spero accada lo stesso con il suo bellissimo saggio sull'horror Danse Macabre, che meriterebbe assolutamente di essere ristampato.
    On Writing è un perfetto manuale di scrittura.
    Bellissima la parte relativa alla scatola degli attrezzi. :-)

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    1. Non sapevo nulla di Danse Macabre, spero davvero venga ristampato!

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  10. "On writing" è stato uno dei primi libri sulla scrittura che ho letto. Ricordo che ero rimasta estasiata nel sentire parlare della scrittura come di un'attività normale da persone normali. I discorsi sull'arte e il talento e la scrittura di serie A o B mi avevano già fatta stramazzare! I tuoi distinguo li condivido, non si possono applicare pari pari criteri e consigli stranieri alla nostra realtà; ma il resto è da ricordare. (Tanti auguri, se per caso fai una sosta natalizia! :) )

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    1. Sì, mi ha fatto lo stesso effetto. Un'attività che si può praticare e, se possibile, bene.
      PS: gli auguri li rimandiamo al post apposito, se non sparisci dalla blog sfera!

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  11. Sono sempre lì per prenderlo e non mi decido mai, anche se trovo insuperabile questo: Il mestiere dello scrittore di John Gardner

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    1. Questo non è un vero e proprio manuale, più un misto tra un'autobiografia e un po' di trucchi del mestiere. Nell'insieme è davvero pieno di spunti.

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